Oggi un movimento politico duosicilianista proprio perché deve riconoscere e difendere le identità delle Nazioni Napolitana e Siciliana deve promuovere e difendere l’uso della lingua Napoletana come lingua letteraria di tutta l’area geografica dell’ex Regno di Napoli.
Chi per mentalità giacobina è contrario al riconoscimento di altre lingue allo stesso livello dell’italiano ufficiale, usa due giustificazioni pretestuose per ostacolarne l’elevazione. La prima è la difficoltà a codificare la lingua che deve essere usata. La seconda è che una volta elevato il Napoletano, poi questo dovrebbe essere fatto anche per le parlate minori, fino ad un dialetto parlato quartiere per quartiere.
La prima pretestuosa motivazione si smonta ricordando che l’Italiano che è oggi lingua ufficiale della repubblica italiana, della Repubblica di San Marino e del Canton Ticino, ha origine dal fiorentino, un dialetto elevato al rango di lingua solo per opportunità e perché scelto da alcuni scrittori. Gli artisti della cultura ufficiale italiana: Dante, Manzoni, Leopardi, Boccaccio ecc. non si sono sempre espressi con lo stesso linguaggio. Codificare la lingua ufficiale deve essere stata un’impresa ardua, e molto hanno contribuito i giornalisti tra la fine del XIX e nel XX secolo.
La seconda motivazione si contrasta ricordando che nelle scuole del Principato di Monaco è studiato il monaghesco, lingua parlata da circa seimila persone su un territorio di meno di due chilometri quadrati. Le strade di Monaco portano non la dicitura rue (lingua ufficiale francese) ma careggiu voce che denota l’appartenenza agli idiomi liguri.
Nello stesso periodo che Dante scriveva il “De vulgari eloquèntia” già il Napoletano era una lingua letteraria affermata e già esisteva la canzone Napoletana. Il Regno di Napoli era il più potente e prestigioso stato della penisola. Il primo documento ufficiale non in latino fu redatto a Cassino, era un atto notarile che si esprimeva in un napoletano antico. Il Siciliano è stata la prima lingua in Europa ad essere usata come lingua letteraria al posto del latino. Questi due idiomi potevano benissimo prendere il posto che poi ha preso il fiorentino.
Queste argomentazioni dimostrano che il Napoletano può e deve essere considerato dignitosamente una lingua, la sua letteratura va tutelata ed insegnata, altrettanto va fatto per la sua grammatica.
Tutto questo però non basta, bisognerebbe scrivere in Napoletano non solo le poesie e le canzoni, ma anche la prosa. Un esempio pratico è la versione in Napoletano della Bibbia scritta da Antonio Iannaccone, lodevoli sono gli articoli in Napoletano scritti da Antonio Pagano sui periodici “Nazione Napoletana” e “Due Sicilie”. Sarebbe auspicabile scrivere quanto prima anche romanzi, saggi,e addirittura parlare e scrivere di politica ed economia.
Il Napoletano potrebbe tornare la lingua letteraria e dotta di tutto il sud Italia Continentale, tenendo ben presente le parlate provinciali che comunque andrebbero tutelate come dialetti.
Oggi saper scrivere correttamente il Napoletano letterario non è sinonimo di provincialismo e ignoranza ma dal momento che la scuola non lo insegna, anzi ne scoraggia l’uso… equivarrebbe per chi è in grado di farlo, a conoscere una lingua al pari del tedesco o dello spagnolo.