La spazzatura è costituita da: umido, ovvero rifiuti organici della cucina domestica, carta, cartone, plastica, vetro, lattine, batterie scariche e medicinali scaduti. Ci sono poi i rifiuti speciali come elettrodomestici e mobili vecchi. Tutte queste frazioni di rifiuto sono riciclabili.
Il vetro si può riciclare un numero infinito di volte ricavando sempre materiale della stessa qualità. Inoltre non è accertato che plastica a contatto con gli alimenti non emani sostanze cancerogene; per questo motivo si dovrebbe preferire per gli alimenti il vetro al posto della plastica.
La carta ed il cartone sono anch’essi riciclabili per molte volte. Il metallo delle lattine fuse è riutilizzabile.
Complesso è il recupero dei metalli che costituiscono pile e batterie, ma comunque questi sono divisibili e riciclabili al 100%.
La plastica pure si ricicla, ma per una sola volta. Dalla plastica si possono ricavare imballi o materiale isolante per le case. Quest’ultima applicazione ha una vita molto lunga. Un possibile riciclaggio della plastica non deve invogliare l’uso continuato di questo materiale. Essendo un ricavato del petrolio, è comunque una risorsa in via di esaurimento. Questo motivo insieme a quelli succitati deve spingere ad accantonare l’utilizzo di questo materiale.
La frazione umida del rifiuto solido urbano viene trasformata in compost, ottimo fertilizzante.
Ci sono poi fabbriche che smontano gli elettrodomestici e ne recuperano i materiali. Si ricicla il metallo di frigoriferi e forni. Si smontano i tubi catodici di televisori e monitor per computer e se ne ricavano scaglie di vetro che fuse serviranno per fabbricare nuovi oggetti in vetro.
Uno stile di vita più da ecologista può aiutare moltissimo nella diminuzione dei rifiuti.
Il piano per uscire dall’emergenza deve prevedere tre punti: 1) Obbligare tutti i comuni a fare la raccolta differenziata nell’arco di un anno portandosi entro dodici mesi almeno al 70% di raccolta differenziata per comune. 2) Cercare di smaltire l’immondizia accumulata senza aprire nuove discariche, ma trovando un accordo per mandarlo fuori dall’Italia.. 3) Sorveglianza del territorio e dei confini regionali affinché non arrivino più da fuori, i rifiuti tossici di altre regioni, specie quelle padane.
Il primo punto si mette in atto responsabilizzando i cittadini a differenziare l’immondizia di casa. Ogni famiglia avrebbe a titolo gratuito sacchetti di colori diversi ognuno destinato ad uno di questi tipi di rifiuti: umido, carta e cartone, plastica, vetro, lattine. Piccoli contenitori verrebbero dati per conservare le pile usate ed i medicinali scaduti. Un sacchetto di un colore diverso e distinguibile da quelli per le frazioni riciclabili verrebbe dato ai cittadini. In questo sacchetto andrebbero messi tutti i rifiuti che non sono: umido, carta e cartone, plastica, vetro, lattine, batterie usate e medicinali scaduti.
Le frazioni: carta e cartone, plastica, vetro, lattine, pile usate ed i medicinali scaduti verrebbero raccolte porta a porta con un rigido calendario stabilendo per ognuna di esse un giorno settimanale fisso tra il lunedì ed il venerdì. L’umido invece verrebbe raccolto tre volte a settimana, tra l’autunno e la primavera, e cinque volte a settimana in estate.
Ogni comune raccoglierà tutte le frazioni di rifiuti in un capannone e ogni frazione rimarrà separata dalle altre avendo un suo spazio. Il capannone deve anche avere uno spazio antistante per accogliere i camion delle ditte che riciclano le rispettive frazioni onde ritirare la materia prima per le loro lavorazioni. Ogni sindaco si metterà d’accordo con le ditte stabilendo il prezzo a peso delle frazioni dell’ex rifiuto che queste ricicleranno.
Questo sistema già applicato da qualche comune sia al nord che al Sud ha raggiunto anche punte del 78% di riciclaggio al massimo dell’efficienza. Bellizzi in provincia di Salerno, che applica questo sistema, fa il 77% di raccolta differenziata. E’ realistico pensare che il 70% di riciclaggio sia una quota valida per ogni comune.
I comuni più piccoli, sotto i diecimila abitanti, non dovrebbero avere difficoltà a mettere a regime questo sistema di raccolta nell’arco di quattro mesi. I comuni più grandi avranno bisogno del doppio del tempo. Questo salvo imprevisti.
I 16 comuni della Campania sopra i 50.000 abitanti, che hanno in totale circa 2.077.000 abitanti passando entro un anno a questo sistema, con 70% di riciclaggio, farebbero scendere a livello regionale le tonnellate di rifiuti non riciclabili da 2.739.375 a 1.942.820.
Se tutti i comuni nell’arco di un anno, riuscissero a fare il 70% di raccolta differenziata, si passerebbe da 2.739.375 tonnellate a solo 821.812 tonnellate non riciclate.
I primi anni con questo nuovo sistema si dovrebbe fare un accordo con paesi stranieri per depositare 6.000.000 di tonnellate di immondizia nell’arco di dieci anni. Il primo anno, nella peggiore dell’ipotesi, se ne andrebbe il 45% della quota; ma se molti comuni passano al 70% di raccolta differenziata la percentuale scende. Il secondo anno la quota consumata sarebbe del 13,69%.
I comuni che nell’arco di un anno non riescono a raggiungere il 70% di raccolta differenziata avranno le loro istituzioni sciolte e saranno commissariati, sia in maniera prefettizia, che tecnica.
Il commissariamento è necessario perché un amministrazione che non rispetta i tempi dimostra di avere scarso senso di responsabilità, sensibilità e incapacità a risolvere il problema.
Il terzo anno del piano deve essere dedicato alla diminuzione del volume dei rifiuti ed all’abbassamento dell’utilizzo della plastica e di altri materiali poco riciclabili. Questo sistema dovrebbe portare entro la fine del quinto anno, al 100% di raccolta differenziata.
Applicando bene questo progetto, alla fine dei cinque anni avremo mandato all’estero l’86% dei 6 milioni di tonnellate che avevamo concordato e non avremo bisogno di mandare il rimanente.
Il piano comporterebbe già dall’inizio del primo anno da costruzione degli impianti di compostaggio; da un minimo di dieci ad un massimo di venti, e la metà di questi, costruiti nella provincia di Napoli per riciclare l’umido che questa produce. Gli impianti dovrebbe costruirli la regione, restando di proprietà della stessa per un minimo di cinque anni. In un secondo momento potrebbero essere privatizzati ma facendo in modo che nessun imprenditore possieda più del 10% di tutti gli impianti regionali.
La regione potrebbe, con lo stesso sistema, aprire fabbriche che riciclano la carta, la plastica, il vetro e tutti gli altri materiali e mantenerne il possesso per almeno cinque anni.
Una volta che questo sistema funzioni a pieno regime, gia dal sesto anno dovrebbe iniziare la bonifica di tutte le terre avvelenate della Campania.
Questo progetto per uscire dall’emergenza non è un’utopia; rispetta l’ambiente della regione, la salute dei suoi abitanti, non crea altro effetto serra, non spreca le materie prime ed è un esempio di civiltà degno del popolo campano che discendendo anche dagli antichi greci, è uno dei popoli che ha contribuito alla costruzione della civiltà occidentale. Un piano questo che ben attuato, farebbe risparmiare di molto sulla tassa dei rifiuti, e sarebbe d’esempio per il resto del mondo dando inizio allo sviluppo eco-sostenibile del pianeta Terra.