IL PALAZZO REALE DI PORTICI
Notizie su Portici
facciata verso il mare del PALAZZO REALE DI PORTICI Questi articoli parleranno del Palazzo Reale di Portici e dei suoi due parchi sotto vari aspetti: storici, architettonici e naturalistici. Inoltre si parlerà dell’Orto Botanico della Facoltà di Agraria. Infine si faranno proposte per valorizzare questo patrimonio: unico ed inestimabile.

Il Palazzo Reale è il monumento più importante di Portici; questo si trova al confine col comune di Ercolano ed il suo cortile è attraversato da Via Università. La Reggia può essere raggiunta con i pullman dell’A.N.M. con fermata nel suo cortile. Ad essa sono annessi due parchi: il Parco Superiore, di maggiore superficie, che si estende a monte del Palazzo Reale, ed il Parco Inferiore, che parte dalla facciata inferiore e si estende quasi fino al mare, noto alle popolazioni locali come Bosco di Portici.

Portici ha una superficie di 4,52 chilometri quadrati ed una popolazione di 58.905 abitanti con una densità di 13.032 abitanti per chilometro quadrato, la più alta d’Italia ed una delle più alte del mondo, fino alla metà degli anni novanta era la più alta d’Europa. Portici si trova a sud-ovest del Vesuvio, dalle cui falde scende fino al mare nella parte più interna del golfo di Napoli; è raggiungibile tramite la statale 18, ovvero l’attuale corso San Giovanni a Teduccio, ex strada Regia per le Calabrie, oppure tramite l'autostrada A3 Napoli – Salerno, uscendo al casello di Portici; è collegata anche dalla ferrovia circumvesuviana con due stazioni sul territorio: Cassano-Bellavista e Portici-Via Libertà, ed ancora dalle Ferrovie dello Stato con la stazione adiacente al Parco Inferiore.

Portici viene citata per la prima volta nei documenti nell'alto medio-evo. Tre sono le ipotesi sull'origine del suo nome: la prima da "Portus" perchè si supponeva che qui vi fosse il porto dell'antica Ercolano, la seconda da "Porticus" cioè "porticato" in ricordo di quello del Foro ercolanese e l'ultima dalla scoperta fatta nel XVIII secolo di Villa Pontii appartenuta a Quinto Ponzio Aquila da cui i porticesi dell'epoca fecero discendere la loro origine, adottando lo stemma di questo importante personaggio romano; infatti ancora oggi lo stemma comunale è uno scudo con l'aquila con sotto incise le lettere Q.P.A.

Portici divenne feudo dei Caracciolo nel 1415 insieme a San Giorgio, Resina e Torre del Greco, fu gravemente danneggiata dall'eruzione del 1631; nel 1699 si liberò dal dominio feudale.

Con l'edificazione della Reggia, a partire dal 1738 fino all'unità d'Italia, Portici ha attraversato il periodo più florido e glorioso della sua storia. Infatti i Borbone ne fecero un importante centro, dando impulso all'economia, alle arti e all'urbanistica, realizzando il porto del Granatello nel 1773, istituendo scuole gratuite per l'educazione dei bambini, incrementando le attività commerciali e facendone anche un centro per turismo di qualità. Dal 1738 ebbe, da Carlo VII, la completa esenzione fiscale, mantenuta ancora per pochi anni dopo l'unità d'Italia.

La nascita e la caduta della Repubblica Napoletana coinvolse anche Portici che nel Giugno 1799 fu teatro della più sanguinosa battaglia tra i legittimisti napoletani e i giacobini.

Nel territorio porticese sorgono numerose ville vesuviane, tutte ex residenze di villeggiatura costruite dai nobili nel XVIII secolo; il sottosuolo è ricco di vestigia romane e di ville della stessa epoca.

Notizie storiche dal 1734 al 1800
PALAZZO REALE DI PORTICI visto dal mare (dipinto d'epoca) Nel 1734 , alla fine della guerra di successione Polacca, diventava Re di Napoli Carlo VII di casa Borbone, figlio di Filippo V di Spagna e di Elisabetta Farnese. Il ritorno di un Re che risiedeva a Napoli dopo duecentotrentuno anni fu provvidenziale per il Regno che all'epoca si trovava in un stato di degrado civile, politico, istituzionale ed economico; il regno di Re Carlo segnò l'inizio di una serie di miglioramenti.

La prima volta che il giovane Re Carlo venne a Portici fu nel 1737. Le circostanze di questa sua venuta non sono certe. Il Chiarini sostiene che fu accidentale perché la barca reale, per trovar rifugio da una tempesta, entrò in Portici; mentre il Colletta narra che il Re arrivò via terra di ritorno da Castellammare dove Carlo VII era stato invitato per una battuta di pesca. All'epoca Portici non aveva approdi, per cui la seconda versione sembra più credibile.

Indipendentemente da come l'augusto personaggio sia capitato a Portici rimane il fatto che egli rimase incantato dalla bellezza del posto ricco di verde, dallo splendido mare e dall'aria salubre; si rivelava adatto sia per la caccia che per la pesca e non molto distante dalla capitale. Per tutto questo, il Re decise di trascorrere gran parte dell'anno a Portici. A tale scopo acquistò la Villa di Palena, quella del principe Santobuono, poi quella dei principi Caramanico, il Palazzo Mascabruno, masserie, boschi e terreni coltivati ed infine la villa sul mare appartenuta al principe d’Elboeuf; questa villa costruita sul progetto del Sanfelice era nota perché durante gli scavi per la sua costruzione furono ritrovati i primi reperti dell’antica Ercolano.

Successivamente il Re concepì l'idea di far costruire una Reggia a Portici; molti sconsigliarono Carlo VII di far sorgere un palazzo reale in questa località per l'alto rischio vulcanico ma il Re rispose di essere protetto dalla Vergine Maria e da San Gennaro. Il progetto e la direzione dei lavori, che iniziarono nel 1738, furono affidati al Medrano; in un secondo momento gli fu affiancato l'ingegnere Antonio Canevari, ma presto nacque una rivalità tra i due che portò alla rottura della collaborazione. La direzione dei lavori rimase al Canevari.

Il suo compito non fu facile date le numerose e contraddittorie richieste che i sovrani avevano imposto nella stesura del progetto; inoltre il Palazzo Reale, che avrebbe inglobato le ville di Palena e di Caramanico, sarebbe sorto proprio dove c'era la strada regia per le Calabrie. Due erano le soluzioni al problema: o deviare la strada oppure far passare l'importante arteria nel cortile della Reggia, Carlo VII suggerì di optare per quest’ultima soluzione facendo in modo che Re e popolazioni locali potessero sentirsi reciprocamente più vicini. La Reggia fu ultimata nel 1742.

I terreni verso il Vesuvio e quelli verso il mare furono recintati, vi fu piantato un bosco, vennero popolati da selvaggina e sistemati a parco. Questi lavori furono curati da Francesco Geri.

Nei pressi della facciata superiore della Reggia fu allestito il "Giardino della Regina", l'attuale Orto Botanico, al centro c’è una fontana detta "delle Sirene". Vicino al giardino fu costruito il "Chiosco del Re" dove fino a qualche anno fa, prima che ignoti lo rubassero, c’era un pregiatissimo tavolino a mosaico proveniente dagli scavi di Ercolano.

Nel Parco Superiore più a monte di dove oggi c’è il Castello, c'era la fagianeria, ricca di volatili pregiati ed un serraglio in cui erano tenuti alcuni canguri, un elefante, due leoni, due pantere, quattro antilopi, una leonessa persiana, una leonessa africana, un puma, due tapiri americani, un istrice e un paca di Buffon. Poco più a monte c'era il "sito del belvedere". Nel Parco Inferiore furono costruite le peschiere per coltivare anche l'hobby della pesca.

Il Castello (Parco Superiore) La vicinanza della Reggia agli scavi di Ercolano fu motivo della ripresa dei lavori nel 1738, infatti i primi ritrovamenti e i conseguenti scavi si erano fatti nei primi anni del vicereame austriaco ed a occuparsene fu Emanuele di Lorena principe d'Elboeuf. Tutti gli oggetti trovati, da quando Carlo VII aveva deliberato la loro ripresa, furono depositati nel Palazzo Reale di Portici e già nel 1750 la quantità di reperti ed il loro pregio, rendevano la collezione, unica al mondo; fu allora che Carlo VII concepì l'idea di allestire un museo. Il Museo delle antichità ercolanesi sorse nella parte di Reggia già ex-palazzo Caramanico. Al pian terreno erano esposte: iscrizioni, sculture, bronzi, lampade, vasellame, vetri, utensili, le derrate alimentari, i papiri della villa detta dell'Aristide, medaglie e cammei. Al primo piano c'erano tutte le pitture che erano numerosissime. I pavimenti erano di mosaici ercolanesi e furono rimossi e rimontati integralmente. Carlo VII era orgoglioso e geloso di questa raccolta e spesso andava sui luoghi degli scavi per seguirli personalmente.

Il museo fu aperto ai visitatori che venivano accompagnati da una guida incaricata anche di sorvegliare che non si facessero schizzi o disegni, come accade attualmente nei musei, dove è vietata la ripresa con telecamere e cineprese. Il Re era molto accorto nel preservare tutti i reperti ed egli stesso dava il buon esempio, tanto da negare al padre Filippo V di Spagna alcune pitture che gli aveva chiesto malgrado il museo ne fosse stracolmo. Si racconta che un giorno mentre Carlo VII sovrintendeva agli scavi, fu ritrovato un cammeo; al Re piacque tanto da farlo incastonare in un anello che portò sempre al dito finché non partì per la Spagna. Allora lo diede al figlio Ferdinando IV dicendogli di averne cura in quanto quel gioiello non era suo ma proprietà del Regno. Tutte queste attenzioni del Re e dei suoi successori sono servite a lasciarci un inestimabile patrimonio di reperti dell’età romana.

Nel Palazzo Reale di Portici nacquero i primi due figli di Carlo VII: Filippo, il 13 Giugno 1747, che fu escluso dalla successione al trono per la sua demenza e Carlo, il 12 Novembre del 1748, salito al trono di Spagna nel 1788 come Carlo IV.

Nel 1759, alla morte del fratello Ferdinando VI di Spagna, Carlo VII salì al trono di questo stato come Carlo III e abdicò dai troni di Napoli e Sicilia a favore del suo terzogenito maschio, ancora bambino, Ferdinando IV , che nel 1775 fece costruire, nel Parco Superiore, "il Castello" e "il Muro per il gioco del pallone".

Il Castello la cui costruzione fu curata dall'ingegnere Michele Aprea riproduceva in miniatura la fortezza di Capua. Questo fu costruito per nascondere un serbatoio d'acqua e veniva usato per le esercitazioni belliche delle truppe regie. Nel suo interno c’era la "tavola muta" , denominata così perché saliva e scendeva da una botola posta sopra la sala da pranzo in modo da non incomodare i camerieri, ed una cappella intitolata alla Vergine del Rosario.

Il Muro, sostenuto da enormi pilastri, ha al centro una porta, oggi murata, usata per raggiungere più agevolmente il campo di gioco; di fronte ci sono disposti tre gradini sui quali si sedevano gli spettatori; alla sinistra c’è il "padiglione di riposo" che fungeva da spogliatoio.

Molti re e imperatori vennero in visita a Portici, alcuni dei quali dimorarono a lungo nella Reggia, senza contare l'altissimo numero di personaggi illustri.

Portici fino al 1860 aveva politicamente un ruolo importante nelle Due Sicilie ed era considerata la seconda capitale del regno; infatti numerosi atti politici, anche molto importanti, venivano emanati dal suo Palazzo Reale.

Il 14 Giugno 1761 nacque, nella Reggia, Raffaello Morghen, figlio di un giardiniere che lavorava al servizio del Re. Il Morghen diventò famoso nell'arte della calcografia; tanto da essere considerato il migliore nell’Italia di quel tempo.

Nella primavera del 1769 fu lungamente ospitato nel Palazzo Reale l'imperatore Giuseppe II d'Austria. Nel 1770 vi soggiornò Mozart appena quattordicenne e una mattina nella Cappella Reale, alla presenza di tutta la corte, offrì alla Vergine le sue divine note.

Notizie storiche dal 1800 ad oggi
Muro per il gioco del pallone (Parco Superiore) Nel 1808 salì sul trono di Napoli Giacchino Murat. Sua moglie Carolina Bonaparte preferì, nei sette anni di regno che vanno dal 1808 alla restaurazione borbonica, dimorare più a Portici che a Napoli.

Finita l'occupazione francese il Regno di Napoli ritornò a Ferdinando IV che sbarcò a Portici il 7 Giugno 1815.

Nel dicembre del 1816 il Regno di Napoli e quello di Sicilia venivano uniti in un solo stato denominato "Regno delle Due Sicilie", e Ferdinando, IV come Re di Napoli e III come Re di Sicilia, divenne Sovrano del nuovo stato come Ferdinando I delle Due Sicilie.

Carlo IV di Spagna trascorse gli ultimi mesi di vita nel Palazzo Reale, ospite del fratello Ferdinando I , morì il 19 Gennaio 1819; pochi mesi dopo da aprile a maggio fu ospite Francesco I° Imperatore d'Austria.

Nel 1822 i reperti che costituivano il Museo Ercolanese furono trasferiti a Napoli presso l'attuale Museo Nazionale, e tra una folla di curiosi e di tanti nobili che assistevano all'evento su tribune montate appositamente tra loro c'era anche l'anziano Ferdinando I con tutta la sua corte.

Il 3 Ottobre 1839 fu inaugurato, alla presenza di Ferdinando II Re del Regno delle Due Sicilie e di tutta la famiglia reale, il primo tratto di ferrovia italiana che collegava la capitale con Portici. Questa strada ferrata era lunga 7411 metri; partiva a fianco dell'attuale stazione terminale della circumvesuviana, in Napoli, e arrivava vicino al Porto del Granatello.

Il 4 Settembre 1849 arrivò a Portici Pio IX qui esiliato da Roma. Al pontefice fu messo a disposizione il Palazzo Reale dove rimase fino alla sua partenza avvenuta il 5 Aprile 1850. Durante questi mesi Pio IX visitò molte località del luogo e l'opificio di Pietrarsa il 23 settembre; una lapide posta fuori la Chiesa di San Ciro ricorda il suo esilio porticese.

Nel corso dei decenni tutti i sovrani che regnarono in Napoli si adoperarono molto per abbellire e arricchire la Reggia di opere d'arte, ed il Chiarini nel 1850,ospite del Palazzo, in un suo scritto ne fa una dettagliata descrizione.

Il 25 Giugno 1860 dalla Reggia Francesco II concedeva la costituzione, che purtroppo, per una serie di eventi sfavorevoli, e per il tradimento che serpeggiava tra i funzionari del re, fu solo un atto effimero. Il 3 Settembre Francesco II lascerà la Reggia per recarsi a Napoli e da qui a Gaeta; questa data segna l'inizio del degrado della Reggia e dei suoi Parchi. Infatti nei primi anni dell'unità d'Italia fu asportato tutto ciò che c’era all'interno e nei suoi parchi; oggi rimane solo qualche affresco. Ad esempio il salottino di porcellana che oggi fa bella mostra di se a Capodimonte fino al 1866 si trovava a Portici.

Con l'annessione del Regno delle Due Sicilie a quello di Sardegna la Reggia di Capodimonte, Il Palazzo Reale e la Reggia di Caserta divennero proprietà sabauda mentre la Reggia di Portici e i suoi due Parchi passarono al demanio regio. Questo differente destino dell'ex sede borbonica di Portici stava quasi per portare alla lottizzazione e alla conseguente vendita dei due Boschi ai privati. Questo prezioso patrimonio sarebbe andato perso se nel 1872 non fosse stata attuata l'idea del dott. Carlo Ohlsen di realizzare, in questi siti, una Scuola Superiore di Agraria. Così la provincia acquistò tutto questo patrimonio e diede in gestione al nuovo Istituto il Parco Superiore e la Reggia.

I Boschi comunque persero la loro integrità poiché un piccola parte del Bosco Inferiore, nel 1880, fu ceduta al comune di Portici e attraverso questa fu costruita una nuova strada per collegare Piazza San Ciro con Piazza San Pasquale. Il 23 gennaio 1881 veniva inaugurata questa strada dandole il nome del sovrano regnante all'epoca in Italia. Il resto del bosco ceduto al comune diventò l'attuale Villa Comunale. Anche la porzione più a monte del Parco Superiore fu separata dal resto del bosco da una strada: l'attuale via Delle Tranvie.

Nel 1904 il Parco Superiore fu tagliato in due dalla linea Napoli-Torre Annunziata della Circumvesuviana; solo nel 1971 fu ultimata una galleria che consente ai binari di passarvi sotto.

Nel 1935 la Scuola Superiore di Agricoltura diventò “Facoltà d'Agraria” entrando a far parte delle Università di Napoli.

Peschiera (Parco Inferiore) Tra il 1943 e il 1946 nel Parco Superiore, adiacente i binari della Circumvesuviana, furono parcheggiati alcuni carri-armati delle truppe anglo-americane.

Il Parco Inferiore nel 1955 venne aperto al pubblico dopo essere stato attrezzato con panchine, fontane ed una vasca con cigni e germani reali; nel 1960 fu aggiunta una pista di pattinaggio con spogliatoi e giostre per bambini. Tra il 60 e il 63 fu allestito anche un vivaio di piante ornamentali, recinti e voliere per ospitare antilopi, cervi, pavoni e fagiani. Il parco così attrezzato diventò luogo di svago e di salubri passeggiate per gli abitanti locali perdendo però la funzione di parco storico; la buona sorveglianza che c'era all'epoca contribuì a non rovinare questo patrimonio storico naturale.

La costruzione del liceo scientifico "F. Silvestri", nel 1967, determinò l'abbattimento della casa del custode e di conseguenza l'inizio della carenza di sorveglianza. Nel 1968 fu ceduto all'Agraria il viale Carlo III e tutta la parte di Bosco ad est chiudendo quest’area al pubblico.

A partire dagli anni settanta cominciò il degrado del Bosco Inferiore che perse molte strutture come il vivaio, i recinti, le voliere e le attrezzature del parco giochi, mentre lo spogliatoio della pista di pattinaggio e i bagni divennero fatiscenti. La rete idrica è stata per anni fuori uso con fontane chiuse e vasca dei cigni prosciugata. La sorveglianza all'inizio degli anni novanta era espletata da un solo custode che si limitava a sorvegliare l'ingresso e solo nell'orario in cui il bosco era aperto. Quando nel 1993 l'unico custode andò in pensione, il bosco rimase, tranne qualche episodica parentesi, chiuso al pubblico. Nel 1987 il viale Carlo III con la parte di bosco a est veniva restituito dall'Agraria alla provincia in cambio dal palazzo Mascaburno e dei terreni circostanti. Questi ultimi sono stati delimitati, nel 1991, senza che però la zona del viale Carlo III fosse aperta al pubblico.

Il Parco Superiore pur non versando nelle condizioni di degrado in cui è finito quello Inferiore è continuamente esposto ad azioni che gli fanno perdere la sua integrità. Negli anni ottanta il comune di Portici voleva abbattere il muro di fattura borbonica per allargare via Salute; fortunatamente questo progetto venne bloccato. Nel 1991 il piano regolatore generale prevedeva una strada all'interno del parco ma questa parte del piano non fu approvata. Discutibili invece sono stati i lavori fatti dalla Facoltà di Agraria negli ultimi anni. Infatti se da una parte si sono restaurati alcuni edifici di particolare pregio storico come le mura perimetrali del castello e dell'edificio del "padiglione di riposo", dall'altra si sono create strutture che non rispettano l'aspetto originario dei luoghi e i vincoli a cui questo parco è sottoposto; anzi i lavori sono stati tutti autorizzati, senza che nessuna voce di protesta si levasse.

Nel Giugno del 1997 dopo quattro anni riapriva al pubblico il Bosco Inferiore e venivano ripristinati la vasca dei cigni e i bagni.

Nell’ottobre 1997 e tra febbraio e marzo 1999 la provincia di Napoli dispose la potatura dei lecci del bosco, questo taglio fu molto aggressivo e di ogni albero fu lasciato solo il tronco centrale e pochi rami laterali. Altre potature dei lecci ma meno aggressive sono state fatte periodicamente fino al 2006.

Alla fine del 2005 il muro che divideva il viale Carlo III e tutta la parte di Bosco dal resto del parco fu abbattuto, l’area è tornata alla fruizione dei visitatori ed è stata ripristinata così come era all’epoca dell’indipendenza Napolitana.

La Reggia (aspetti architettonici)
PALAZZO REALE DI PORTICI - Cortile attraversato dalla Strada Statale per le Calabrie Il Palazzo Reale di Portici ha un architettura con soluzioni inusuali, conseguenza delle disposizioni impartite in fase di progetto, questo lo differenzia da altri palazzi reali. La caratteristica della sua unicità è dovuta al fatto che una strada di grande traffico attraversa il suo cortile. Il palazzo reale è infatti costituito da due grandi ali parallele alla strada, unite tra loro da due cavalcavia. Inoltre nell'edificio furono anche incorporate la Villa di Palena e il Palazzo Caramanico.

La Reggia ha una pianta alquanto complessa che si sviluppa intorno ad un vasto cortile rettangolare ma con gli angoli smussati, in modo da farle assumere la forma di un ottagono irregolare; i due lati maggiori corrispondono alle due ali del palazzo mentre i due minori ai cavalcavia che hanno la doppia funzione di collegare le due parti della Reggia e di consentire alla strada di attraversare il suo cortile. I cavalcavia sono costituiti da tre archi di cui il maggiore è al centro.

A metà dei lati maggiori, sia nella parte a monte che di quella a valle della strada, tre archi si aprono in due profondi porticati consentendo dalla strada la visione in direzione del mare e quella in direzione del Vesuvio; da qui si accedeva anche ai parchi ed agli appartamenti.

Essendo la Reggia attraversata da una strada non ha una facciata principale (come il palazzo Reale di Napoli che guarda su una piazza). Tutte le facciate che danno sul cortile assumono la stessa importanza, e di conseguenza lo stesso peso architettonico.

Un'altra particolarità del Palazzo Reale è l' ampia terrazza semicircolare rivolta verso il mare dalla quale si diramano le due rampe a tenaglia, che con una lieve pendenza raggiungono il livello del parco. Da questo ampio terrazzo è possibile godere del panorama del golfo di Napoli sfruttando le molteplici visuali consentite dalla sua forma.

La facciata rivolta verso il parco Inferiore è la più monumentale dell'intera Reggia; è sovrastata da una torretta con l'orologio, di fronte si evitò di far crescere il bosco optando per un prato con un grande viale che arrivava fin quasi al mare.

Al primo piano del Palazzo c'erano gli appartamenti reali; la loro decorazione fu opera di pittori aulici del settecento napoletano. Lavorarono agli affreschi: Giuseppe Bonito, Clemente Ruta, Fiscetti, Foschini, Crescenzo Gamba e Vincenzo Re; quest'ultimo dipinse scenografie che danno l'illusione di spazi ampi e senza orizzonti. Lo scultore Giuseppe Canard si occupò della sistemazione di tutte le soglie, delle opere di scultura e rivestitura in marmo e dei lavori di ebanisteria. Molti mosaici d'epoca romana furono usati come pavimento in altrettante sale, tra questi il pavimento proveniente dalla villa di Tiberio a Capri, raffigurante lo zodiaco, che oggi si trova al Museo di Capodimonte. Durante l'occupazione francese Carolina Bonaparte fece ridipingere molti affreschi coprendoli con altri che imitavano le pitture pompeiane.

Al secondo piano c'erano gli alloggi della servitù e gli altri servizi; questi nel decennio francese furono tutti affrescati in stile impero. Gli alloggi delle guardie si trovavano al disotto della terrazza rivolta verso il mare.

Nel progetto della Reggia fu trascurata la presenza di una cappella, per rimediare a questo, fu trasformato il teatro. Questo progetto fu eseguito dall'ingegnere Fuga e con lui collaborarono i migliori artisti del tempo. La cappella però risentì dell'adattamento, infatti aveva forma ottagonale con un unica navata. In quattro degli otto lati furono ricavate altrettante nicchie contenenti le Statue di San Gennaro, Santa Rosalia, San Carlo Borromeo e Sant'Amalia. Tre di queste statue furono opera dello scultore spagnolo Pacheco che prese a modello per le statue di San Carlo Borromeo e Sant'Amalia i primi sovrani borbonici, mentre la statua di Santa Rosalia è opera di Andrea Violani.

Dietro l'altare maggiore c'è un sontuoso trono marmoreo composto da quattro colonne di marmo africano, donate dalla cattedrale di Ravello, e due lesene in marmo verde sormontate da un baldacchino anch'esso di marmo verde, sopra tre angeli, due laterali e uno centrale recante la croce, opera del Canart. Sul trono c'è la statua della Madonna.

L'affresco della volta, oggi coperto da una mortificante verniciatura bianca, fu opera di Giuseppe Bonito. I finestroni laterali permettono l'ingresso della luce in modo da far risaltare gli arredi e le zoccolature del pavimento.

La Cappella Reale è situata sotto le arcate del primo cavalcavia, quello che si incontra venendo da Portici.

Quattro colonne ioniche adornano l'ingresso della cappella; su di esse ci sono due Fame scolpite da Agostino Corsini che si ispirò allo stile del Bernini e reggevano lo stemma del Regno delle Due Sicilie che fu sostituito con la fine dell'indipendenza del Regno.

L' inaugurazione e la benedizione della Cappella Reale avvenne nel 1749. Ad essa fu conferito il titolo di Maria Immacolata alla quale i sovrani Carlo VII e Amalia di Valburgo erano devoti.

I parchi (Aspetti naturalistici)
Lecci (Parco Superiore) I due parchi della Reggia furono impiantati intorno al 1746. Sorgono per la maggior parte sulla colata lavica dell'eruzione del 1631. Per mettere a dimora i lecci adulti con le loro radici, su un suolo per lo più roccioso si usarono gli esplosivi, realizzando un intervento d'ingegneria botanica all'avanguardia per quel tempo. Il terreno in leggera pendenza, di origine vulcanica era ricco di potassio. Il clima mediterraneo con estati calde ed inverni miti, sono fattori ideali per consentire lo sviluppo del bosco di leccio.

Il lecceto risulta costituito da quattro strati di vegetazione: lo strato arboreo, lo strato arbustivo superiore, lo strato arbustivo inferiore e lo strato erbaceo.

Lo strato arboreo costituito dal leccio, dall' orniello e da alcune specie atipiche del lecceto copre la quasi totalità della superficie. Il leccio (Quercus ilex) è una pianta appartenente al genere delle quercie, sempreverde, può raggiungere un' altezza massima di 25 metri. I rami si propagano dal fusto centrale ad una altezza non molto elevata, la chioma ha forma ovale è di colore verde scuro. Le foglie sono coriacee ed hanno la pagina superiore verde scuro e quella inferiore verde chiaro con una fitta peluria; le più giovani sono più larghe ed hanno un margine dentato-spinoso mentre le più vecchie somigliano, come forma, a quelle dell'ulivo. La corteccia è marrone scuro screpolata in piccole squame. Le radici possono raggiungere 10 metri di profondità. Fiorisce tra maggio e giugno e durante l'autunno produce numerosissime ghiande. Questa specie è molto longeva, ha dei ritmi di crescita molto lenti, infatti occorrono decenni perché da una ghianda si arrivi ad un albero adulto.

L' Orniello (Fraxinus ornus) è un albero appartenente al genere dei frassini. La chioma ha una forma più arrotondata rispetto a quella del frassino ed il fogliame è anche più fitto; è un albero caducifoglio. Le foglie sono opposte e costituite da un numero dispari di foglie più piccole e perciò dette imparipennate. La corteccia è grigia e liscia.

La particolare fertilità del terreno vulcanico consente a lecci ed ornielli di raggiungere grandi altezze; questo permette lo sviluppo anche dello strato arbustivo superiore che è formato da specie tipiche della macchia mediterranea come la fillirea (Phillyrea latifoglia), il lauratino (Viburnum tinus) ed il lentisco (Pistacia lentiscus), arbusti sempreverdi a foglie coriacee. Altre specie spinose come l'edera spinosa (Smilax aspera), la vite nera (Tamus communis) ed il rovo (Robus ulmifolius) formano dei festoni intorno ad altre piante, dando un effetto di completa chiusura ed impenetrabilità. Queste piante rivestono grande importanza per gli uccelli che spesso vi nidificano e si nutrono delle bacche che producono.

Lo strato arbustivo inferiore è costituito quasi esclusivamente dal pungitopo (Ruscus aculeatus). Questa pianta è rigida ed eretta, alta tra i venticinque e gli ottanta centimetri, molto ramificata e priva di vere foglie; infatti le strutture che assomigliano a foglie sono in realtà dei rami trasformati che vengono chiamati cladodi. Questi sono verde scuro, spessi e rigidi e portano ciascuno un solo fiore molto piccolo; le loro estremità sono appuntite e le modeste dimensioni dell'arbusto ne giustificano il nome. Il pungitopo è dotato di particolare bellezza e per questo è soggetto a prelievi sconsiderati da parte di alcuni visitatori.

Lo strato erbaceo è povero come numero di specie e superficie coperta, perché in qualsiasi stagione filtra poca luce dagli strati superiori costituiti quasi completamente da specie sempreverdi. Troviamo comunque una felce nostrana (Asplenium onopteris), l'edera (Hedera helix), e il pan di biscia (Arum italicum) che produce bacche rosse velenose; naturalmente arbusti e piante erbacee prosperano e s'infittiscono laddove la luce riesce a filtrare maggiormente, cioè vicino agli alberi caduti.

La fauna vedeva presenti almeno nel Parco Superiore fino a qualche decennio fa la volpe, la talpa e il riccio. L'avifauna è ricca di quelle specie sia stanziali che migratorie, tipiche di un bosco mediterraneo, con qualche assenza dovuta alla forte antropizzazione della zona circostante e dei boschi. La composizione delle specie si modifica con il variare delle stagioni; è maggiore in inverno e minore in estate, questo perché nella stagione estiva vi è carenza d'acqua. Tra le specie presenti tutto l'anno vi sono molti passeriformi come il passero domestico (Passer domesticus), il merlo (Tordus merula), uccelli presenti in gran numero in tutti e due i parchi, la cinciallegra (Parus major), il verzellino (Serinus serinus), il cardellino (Carduelis carduelis), la capinera (Sylvia atricapilla) e lo scricciolo (Troglodytes troglodytes).

I parchi in inverno sono un importante stazione di svernamento per molte specie provenienti dall'Europa centrale e dall'Appennino. La specie più numerosa è il pettirosso (Erithacus rubecola). Altre specie presenti in inverno sono: il torcicollo (Jinx torquilla), particolare specie di picchio molto mimetica e schiva, la passera scopaiola (Prunella modularis), grande come un pettirosso ma difficile da osservare, il lui piccolo (Frylloscopus collybita), il regolo (Regulus regulus), il forancino (Regulus ignicapillus) ed il codirosso spazzacamino, con la coda rosso mattone in contrasto con il resto del corpo grigio o nero. In primavera ci sono altre specie che stazionano nei parchi o vi transitano solamente come: il lui verde (Frylloscopus sibilatris), il lui grosso (Frylloscopus trochilus), il canapino maggiore (Hippolais icterina), la balia nera (Ficedula hupoleuca), la balia dal collare (Ficedula albicollis), il pigliamosche (Muscicapa striata), il beccafico (Sylvia borin) e l'upupa (Upupa epops), uccello dal piumaggio variopinto. In autunno oltre al passaggio di ritorno delle specie presenti in primavera c'è il passaggio dei tordi (Tordus philomelos). Tutte le specie sono più numerose nel Parco Superiore che nel Parco Inferiore, aperto al pubblico, dove gli uccelli hanno difficoltà sia a procurarsi il cibo in inverno che a nidificare in primavera.

Upupa, uccello migratore (Parco Superiore) L'azione dell'uomo ha influito e continua ed influenzare notevolmente sull'evoluzione della vegetazione dei parchi; infatti se essa si fosse limitata al solo impianto dei boschi avremo due aree selvatiche. Sin dagli anni immediatamente successivi alla piantumazione dei boschi questi furono divisi in riquadri delimitati da viali larghi tra 1,5 e i 7 metri. I lecci, tranne quelli ai lati dei viali, furono sottoposti a potatura allo scopo di dare ai boschi un aspetto più ordinato. Il sottobosco veniva tagliato ogni cinque anni eccetto per le pianticelle di leccio e orniello con un tronco di almeno 5 cm di diametro. Il bosco fu anche adibito a pascolo di bestiame, ma l’uso più improprio fu fatto quando vennero parcheggiati i carrarmati dell'esercito anglo-americano. Dove vennero parcheggiati i mezzi più pesanti il terreno si costipò tanto da non permettere lo sviluppo del sottobosco e dove furono parcheggiati quelli leggeri, germogliarono specie non tipiche del lecceto come il macerone (Smurnum olusatrum) e il sambuco (Sambucus nigra), probabilmente portate sul luogo dai cingoli dei carrarmati. Nel Parco Superiore la facoltà d'agraria ha creato una serie di appezzamenti a scopo sperimentale, diminuendo così la superficie originaria di bosco, sono cresciute spontaneamente la palma da datteri e l'alloro (Laurus nobilis), i semi della prima provenienti dall'orto botanico e quelli della seconda dalle campagne circostanti. Alle infiltrazioni accidentali si deve aggiungere l'introduzione a scopo ornamentale di specie esotiche estranee alla nostra flora; infatti le aiuole della zona centrale del Parco Inferiore sono state sistemate con piante di "Cedrus deodara" , "Magnolia grandiflora" , "Araucaria imbricata" ed altre. Per decenni i boschi non hanno avuto nessuna pratica di manutenzione salvo le recenti potature, limitate al Parco Inferiore; quelle precedenti risalgono all'ultimo dopoguerra.

L'effetto antropico ha sempre influito nel bene e nel male nello sviluppo della fauna e della flora dei due parchi, questi ultimi furono concepiti e tenuti come parco all'inglese, in modo da somigliare apparentemente a zone selvatiche pur non essendolo. Tutto questo è durato fino alla fine del periodo borbonico. I due parchi, attualmente, hanno destinazioni diverse e si trovano in situazioni dissimili.

Negli ultimi decenni il Parco Inferiore, aperto al pubblico, ha subito un degrado per la scarsa cura della vegetazione dovuta a mancanza di personale e di risorse finanziarie da parte di chi lo doveva gestire, e per la scarsa educazione ambientale di alcuni suoi fruitori che estirpano piante, raccolgono funghi, danneggiano le cortecce degli alberi, buttano rifiuti ovunque e giocano a pallone indiscriminatamente. Tutto ciò ha influito in maniera talmente negativa che nel parco Inferiore il sottobosco è ridotto a poche piantine e in molti punti è addirittura assente. La scomparsa o il degrado del sottobosco è un fatto di per sé grave, Infatti è lì che si accumulano sostanze organiche che assicurano l'umidità anche nei periodi di siccità e proteggono i semi caduti dalle piante consentendo la loro germinazione e riproduzione. Un albero, purtroppo, è destinato a morire o per cause fisiche o perché attaccato da parassiti; ma se il sottobosco è integro, durante la vita di quell'albero saranno nate e cresciute altre piante che lo potranno sostituire quando cadrà. In alcune zone infatti si possono notare ai piedi dei lecci molte piantine, germinate dalle ghiande cadute, ma in seguito alle considerazioni fatte è difficile aspettarsi un tranquillo sviluppo. La caduta di un albero quindi, in queste condizioni, avrebbe conseguenze disastrose: cioè insieme al sottobosco è ** destinato a scomparire anche lo strato arboreo. Questo fatto è abbastanza imminente se consideriamo che la maggioranza dei lecci è malata, infatti questi alberi sono colpiti dalla carie del legno. Questa malattia inizia con la lacerazione della corteccia provocata da rotture di rami o di altre parti. Sono così messi a nudo i tessuti vivi che vengono attaccati da funghi ed insetti xilofagi, fino a che l'albero non diviene interamente cavo e cade; alle cause naturali vanno aggiunte l'asportazione di parti della pianta eseguite nella potatura e gli atti vandalici. Oltretutto il taglio di rami ricchi di foglie determina la scomparsa dei vari microclimi nell'ambito dei quali si può stabilire quell'equilibrio ecologico adatto a mantenere il climax del lecceto.

Il Bosco Inferiore e il Bosco Superiore sono le uniche aree di lecceto rimaste sulla costa da Pozzuoli a Castellamare di Stabia. Queste aree hanno ancora più pregio ecologico se si considera che la quasi totalità dei boschi del Parco Nazionale del Vesuvio è costituito da pinete, perché queste conifere sono state sistematicamente piantate a partire dal 1830 soppiantando il lecceto, che è il climax al quale, a lungo termine, tenderebbe naturalmente tutta l'area vesuviana qualora non vi fosse questo intervento umano. I boschi borbonici si riescono a vedere sia dal lungomare di Napoli che dal Vesuvio come le uniche due aree verdi in una distesa biancastra di edifici, proprio come “oasi” in un deserto.

L'orto botanico
Fontana delle Sirene (Orto botanico) L'orto Botanico di Portici è situato vicino alla facciata del Palazzo Reale rivolta verso il Vesuvio, e occupa un superficie di due ettari; vi si accede da più ingressi, ed è annesso alla Facoltà di Scienze Agrarie. Costruito nel 1872 sorge nel "giardino della Regina" al centro del quale c'e la fontana delle Sirene sormontata da una statua proveniente dagli scavi d'Ercolano che attualmente non è visibile perché in fase di restauro. In essa vengono allevate ninfee e diverse specie di Cyperus ed altre piante acquatiche.

Inoltre troviamo alcune Cicadee; queste piante sono molto rare ed appartengono ad un gruppo comparso sulla terra centocinquanta milioni di anni fa. Infatti nell'era dei dinosauri erano molto diffuse, oggi ne sopravvivono solo dieci generi, che li possiamo trovare tutti in quest' orto botanico.
Nelle quattro aiuole principali ci sono diverse specie di agavacee. Di queste una specie particolare è l' Agave Ferox, una pianta esotica che si è adattata al nostro clima e in alcuni luoghi molto soleggiati vive anche allo stato selvatico. La particolarità di questa specie è di produrre un grande corpo fruttifero simile ad un alberello una sola volta nella sua vita, cioè quando sta morendo.
La Yucca, pianta appartenente al genere delle liliacee, originaria dell'America tropicale, fa fiori bianchi o gialli di particolare bellezza e per questo viene coltivata nei nostri giardini.
Numerose sono le specie di piante grasse: le Cactaceae che sono rappresentate da centottanta specie, le Euphorbiaceae che con il solo genere Euphorbia conta ottanta specie e le Crassulaceae; tutte queste specie sono coltivate nelle serre vicino al "muro", o all'aria aperta con il sistema del rock-garden costituito di pietra lavica, lapillo o altri materiali vulcanici locali rendendo il tutto “unico”.

In bacheche completamente trasparenti sono coltivate alcune piante che impropriamente sono chiamate carnivore; in realtà, sono insettivore e vivono in terreni poveri di sostanze azotate necessarie per il loro sostentamento; così si sono adattate a procurarsele catturando gli insetti ed assimilando le loro proteine. Le piante insettivore catturano gli insetti con particolari foglie trasformate in trappole, tali che una volta che esso vi è finito dentro non è più capace di fuggire.
Un cancello divide il "giardino della regina" dal "giardino segreto" qui il visitatore si trova di fronte un viale ai cui margini ci sono due grandi aiuole: quella sinistra contiene un' enorme varietà di Palme. Se ne coltivano ventitre specie, mentre quella destra ha al centro un laghetto artificiale circondato da numerose specie di felci tra cui anche quelle arboree. Queste ultime erano molto diffuse nell'età del carbone, cioè oltre trecento milioni d'anni fa. Sempre nell'aiuola delle felci ci sono alcuni esemplari di Chotisia insignis, un albero che ha la particolarità di avere il tronco spinoso.

Tra le piante più significative per bellezza e rarità ci sono la Welwitschia mirabilis Hook, originaria dei deserti sudafricani, la Xanthorrhaea preissii, esemplare centenario forse unico in Europa, e le maestose Ginkgo biboba.

Da alcuni anni qui si conservano alcune specie nostrane molto rare, in particolare la Primula palinuri, presente sulle coste cilentane e della Calabria settentrionale e la felce Woodwardia radicans, presente in Campania, solo a Ischia e nella penisola Sorrentina.
L'orto botanico di Portici possiede cinquecento specie di ben sessanta famiglie provenienti da tutti i continenti rendendolo una delle più preziose realtà tra gli orti botanici italiani; inoltre è membro del Botanic Garden Conservation Secretariat di Kew, l'organizzazione che riunisce gli orti botanici mondiali per una strategia globale di sviluppo.

Considerazioni finali
Vialone (Parco Superiore) Nei paragrafi precedenti si è parlato del sito reale di Portici sotto vari aspetti: storici, architettonici e naturalistici. Da tutto ciò si deduce che l'intero complesso ha un notevole valore sia sotto il profilo storico che culturale e ambientale; purtroppo non è valorizzato come meriterebbe, tanto da poter portare ricchezza e dignità a Portici e dintorni.

Si è visto per esempio come la presenza della facoltà di Agraria abbia influenzato lo sviluppo e l'utilizzo del Palazzo Reale, del Parco Superiore, di parte del Parco Inferiore e degli edifici in essi compresi. Storicamente l'istituzione degli studi agrari a Portici ha permesso di salvare dalla lottizzazione e dalla conseguente scomparsa tutto questo patrimonio. Oggi però la presenza dell'università è incompatibile con la rivalutazione del Sito Reale di Portici; per cui essa dovrebbe trasferirsi in un'altra struttura. Tale trasferimento gioverebbe sia all'Agraria che alla comunità porticese; infatti oggi le università hanno un numero di studenti nettamente superiori al secolo scorso, inoltre per il tipo di studi che si fanno a Portici sono necessari una serie di laboratori ed appezzamenti agricoli. Finora la Reggia e i terreni dei Parchi messi a disposizione dell'Agraria sono stati un adattamento poiché l'intero sito è stato concepito per ben altri usi, perciò è giusto che questa facoltà si trasferisca in locali e in siti costruiti apposta per le sue esigenze. L'ideale sarebbe che trovasse un'altra sistemazione sempre nella città di Portici, benché sia molto difficile, e comunque non dovrebbe allontanarsi da Napoli visto che è una delle prime tre scuole superiori d'Agraria istituite dopo l'unità d'Italia ed è la prima del Sud, rappresentando una notevole tradizione culturale.

Ottenuto questo trasferimento, il Palazzo Reale i terreni e gli edifici da essa occupati resterebbero liberi e si potrebbe dare il via ad un serio piano per la valorizzazione di questi luoghi sotto il profilo turistico, visto ne hanno tutte le caratteristiche e potenzialità.

Innanzitutto andrebbe restaurato il Palazzo Reale, ripristinando lo stato dei luoghi del Parco Superiore e del Palazzo Mascabruno come erano ai tempi del Regno, eliminare tutti i manufatti e le strutture costruite dopo; come per esempio i corrimani alle pareti dello scalone sud nel Palazzo Reale, l'edificio della Casa dello studente nel Parco Superiore e tante altre. Terminati questi lavori, che dovrebbero espletarsi in un tempo ragionevole per non gravare troppo sui costi; si potrebbe pensare alla rinascita in campo turistico trovando la funzione più consona per tali esigenze.

Il Palazzo Reale, che in passato ha ospitato i reperti degli scavi ercolanesi, potrebbe essere in gran parte destinato a museo di reperti dell'antica Ercolano e ciò è fattibile dato che esso non è molto distante dagli scavi, anche perché nel Museo Nazionale di Napoli non c'è più spazio per sistemare gli oggetti che vengono ritrovati; infatti tuttora sono depositati negli scantinati. La parte adibita a museo dei reperti ercolanesi andrebbe allestita al secondo piano della Reggia. Al primo piano dovrebbero ritornare tutti gli oggetti che arredavano gli appartamenti della famiglia reale così da ricostruire il piano nobile, la Reggia così sistemata sarebbe una grande attrattiva turistica perché il Museo Ercolanese si visiterebbe con lo stesso biglietto degli scavi mentre l'Appartamento Reale con un altro biglietto.

L'Orto Botanico dovrebbe essere mantenuto così com'è, e sarebbe opportuno non cambiare il personale addetto alla sua manutenzione per non perdere tutta l'esperienza accumulata nel settore.

Il Parco Superiore dovrebbe diventare un'oasi naturalistica urbana; come già detto nella parte dedicata ai Parchi, così da proteggere le numerose specie di uccelli che vivono stabilmente o solo stagionalmente, reintrodurre le specie di mammiferi che si erano estinte facendo conoscere a tutti i visitatori un ambiente naturale difficilmente osservabile nelle nostre zone. Per ottenere questo e contemporaneamente preservare il patrimonio naturalistico, il Parco Superiore si dovrebbe aprire al pubblico limitatamente, mettendo un minimo biglietto d'ingresso e chiudendolo per riposo biologico almeno due giorni a settimana.

Viale Carlo VII (Parco Inferiore) Il Parco Inferiore invece continuerebbe ad essere aperto al pubblico senza alcun biglietto d'ingresso come lo è sempre stato dal 1955. I terreni che l'Agraria ha avuto in gestione tornerebbero fruibili e le recinzioni che li dividono da quelli che già oggi si possono visitare andrebbero rimosse e lo stato dei luoghi ripristinato. Inoltre sarebbe opportuno piantare giovani lecci e piante della macchia mediterranea, rendendo il sottobosco fitto ed impenetrabile come sarebbe nelle migliori condizioni naturali; curare i lecci afflitti da carie del legno asportandone le parti malate e riempiendole con materiale non nocivo disinfettando il tutto. La potatura andrebbe fatta con frequenza non inferiore a venti anni, visto che i lecci e le querce non sono alberi da frutta.

Il Liceo Scientifico F. Silvestri dovrebbe essere trasferito in un altro locale, fuori dal bosco ovviamente, in seguito abbattere l'edificio e ripristinare lo stato dei luoghi. Una causa di degrado del sottobosco, è il gioco del pallone molto praticato nel Bosco Inferiore anche perché a Portici e dintorni non ci sono strutture pubbliche dove praticare gli sport di palla a livello amatoriale per cui bisognerebbe individuare delle aree non edificate che logicamente non sono sotto vincoli ambientali o architettonici dove costruire campi di calcio a cinque, basket, pallavolo e una pista di pattinaggio. Quando questa carenza sarà stata colmata si potrà smantellare la pista di pattinaggio e ripiantare gli alberi e non ci sarà più alcuna attenuante per tollerare il gioco del pallone nel Bosco Inferiore.

Anche la sorveglianza va mantenuta con un buon numero di guardiani per rendere efficace la prevenzione di atti vandalici e asportazioni di piante e terreno anche dopo l'orario di chiusura.
Il Parco Inferiore così migliorerebbe notevolmente e sarebbe fruibile anche nelle aree antistanti il Palazzo Mascabruno e la facciata inferiore del Palazzo Reale; infatti potrebbe essere utilizzato come ingresso al bosco anche l'entrata da Via Università.

Il Palazzo Mascabruno potrebbe essere adibito a Museo delle Cere; esponendo solo statue di personaggi che hanno fatto la storia del Sud Italia ed in particolare quelli del periodo del Regno di Napoli cioè tra il XII e il XIX secolo. Un museo di questo genere avrebbe un notevole successo. Il Palazzo Mascabruno è la sede ideale perché Napoli è già ricca di musei e nella zona non ci sono altri edifici di tali dimensioni che si renderebbero disponibili dato che nel tempo il museo sarebbe destinato a espandersi.

Anche la Villa d'Elboeuf andrebbe restaurata, logicamente dopo aver trovato una sistemazione alle famiglie che la abitano a vario titolo, in seguito adibirla a centro per conferenze ed iniziative culturali.

Il tutto dovrebbe essere gestito da un ente preposto con sede nel territorio porticese. Gli introiti servirebbero per la manutenzione dei luoghi, per il loro eventuale miglioramento nonché per il pagamento il personale addetto, quest'ultimo dovrà essere assunto tra i residenti di Portici e dei comuni limitrofi. Tutta la gestione dovrebbe essere trasparente e i documenti relativi ai bilanci accessibili a chiunque ne faccia richiesta per visionarli.

Queste idee, descritte in linea generale, sarebbe piacevole realizzarle, infatti queste proposte, servirebbero a rivalutare il Sito Reale di Portici al fine di portare ricchezza e ritrovata dignità alla zona. La Reggia di Portici ed i suoi Parchi che Carlo VII costruì come luogo di villeggiatura e per la magnificenza del Regno di Napoli, sono un nostro patrimonio, anzi sarebbe utile proporre l'inserimento dell'intero sito tra quelli tutelati dall'UNESCO quale patrimonio dell'umanità, che questo sovrano illuminato ed i suoi successori ci hanno lasciato; adesso tocca agli enti preposti tutelarlo come merita e farlo rinascere... per far rinascere Portici.

Giuseppe Savoia
5 marzo 2008